San Sebastiano. Quota Rosa, il Tar Campania condanna il sindaco Giuseppe Capasso del PD

popolo di san sebastiano

San Sebastiano al Vesuvio (Na). – E’ stata depositata ieri la sentenza del Tar Campania , la quale condanna all’annullamento del decreto sindacale di nomina della Giunta tutta al maschile, emesso all’indomani della vittoria del 16 maggio 2011 dal sindaco Giuseppe Capasso.

Il  ricorso fu presentato, alcuni mesi fà,  da quattro professioniste sansebastianesi, Laura Ascione, Vittoria Scognamiglio, Loredana Frezzaroli ed Angela Zappa. Le quali,  rappresentate e difese dagli avvocati Crescenzo Giuseppe Rinaldi ed Alessandro D’Antona, sono riuscite a ripristinare la legalità nella composizione della Giunta. Ecco i fatti impugnati al Tar Campania dalle professioniste:  : “a) il decreto del Sindaco di San Sebastiano al Vesuvio n. 2 del 30 maggio 2011, con il quale sono stati nominati i componenti della Giunta Comunale e sono state attribuite le deleghe; b) e se ed in quanto occorra, dello statuto comunale nella parte in cui non prevede, o comunque dovesse essere interpretato nel senso di non prevedere, il rispetto del principio costituzionale e legislativo di pari opportunità tra uomo e donna, nonché di ogni ulteriore atto ad esso preordinato, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo degli interessi delle ricorrenti.”

In verità il sindaco Giuseppe Capasso tentò una furbata, un’altra mal riuscita, quando il 21 dicembre revocò il giovane assessore Giuseppe Panico, per far posto al suo braccio destro Nunzia Riccardi. Questa decisione pervenne perché il giorno successivo si doveva tenere la discussione al Tar di un altro ricorso presentato dalle donne del PD di Napoli, le quali per salvare la faccia dalle strane posizioni di Capsaso su questo tema, quello delle pari opportunità , tra l’altro uno dei valori fondanti dello stesso Partito Democratico, ricorsero anche loro , dopo aver appreso il ricorso delle professioniste sansebastianesi.

Una vittoria epocale a San Sebastiano al Vesuvio, le donne sono riuscite a condannare l’attività illegale del sindaco Capasso per quanto riguardo il mandare avanti una Giunta tutta al maschile, in chiara violazione della Costituzione edi numerose leggi ordinarie.

La doglianza attorea –  ecco cosa recita la sentenza -deve essere accolta sulla scorta dell’orientamento recentemente espresso in materia dalla Sezione e condiviso dal Collegio, che di seguito si riporta testualmente: “Passando al secondo punto dell’esame della fonte costituzionale, la questione della portata programmatica o precettiva deve essere risolta tenendo conto dell’assimilazione del principio di pari opportunità all’accesso agli uffici pubblici e alle cariche pubbliche di cui all’art. 51 al principio fondamentale di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, e quindi dovendo riconoscere allo stesso natura di diritto fondamentale.. Ferma restando la diretta applicazione del principio – tra l’altro confermata per espresso dictum costituzionale nella parte in cui l’art. 51 opera un riferimento a “provvedimenti”- la sua attuazione si ritiene debba avere innanzitutto luogo attraverso l’interposizione di fonti primarie o di altro livello. Tale è il senso del compito che la Costituzione affida alla Repubblica e quindi, per espressa previsione costituzionale, a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato (art. 114). Naturalmente, attesa la trasversalità del principio, ciascun soggetto che compone la Repubblica, dovrà darvi attuazione in considerazione degli strumenti normativi di cui dispone ed entro i limiti di competenza per materia ad esso riconosciuti. In conclusione, pur nella salvezza dello statuto comunale, non emergendo dal tenore del decreto sindacale impugnato che sia stata compiuta la necessaria attività istruttoria volta ad acquisire la disponibilità alla nomina di persone di sesso femminile, né essendo stata esternata adeguata motivazione che desse conto dell’inapplicabilità del principio di cui all’art. 51 della Costituzione, si deve propendere per l’illegittimità dell’attività amministrativa condotta dal Sindaco per l’individuazione della compagine assessorile. Il ricorso deve essere accolto nei sensi sopra precisati, mentre sussistono giusti e particolari motivi, - conclude la sentenza - in virtù della delicatezza degli interessi coinvolti, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.”

Ancora una volta “Il Popolo di San Sebastiano – Manzo Sindaco” ci ha visto bene, infatti, il suo leader Gennaro Manzo, al primo consiglio comunale convocato dopo le elezioni fece presente l’illegalità al sindaco , invitandolo a nominare la donna in Giunta, come imposto dalla legge, per evitare, come poi accaduto, le lungaggini burocratiche al Tar e il dispendio economico a carico del comune di San Sebastiano al Vesuvio  per il giudizio.

“L’arroganza del sindaco – ha detto Gennaro Manzo – è stata punita. Il sindaco Capasso per non trovarsi in altre situazione del genere, ma ben più gravi, su altri aspetti amministrativi deve imparare anche ad ascoltare l’opposizione. Sono felice per la sentenza emessa, perché questo ci conforta e ci confidare ancora di più nella magistratura. L’unico atto che chiedo al sindaco è quello di scusarsi con le donne di San Sebastiano al Vesuvio per aver mantenuto in piedi una Giunta illegale per ben otto mesi, e questo non lo dico io, ma lo stabilisce una sentenza giudiziaria. E soprattutto metta mano alla modifica dello Statuto Comunale, come imposto dalla legge.”

Il Popolo di San Sebastiano – Manzo Sindaco fu protagonista di una massiccia ed entusiasmante compagna di sensibilizzazione per la quota rosa, tant’è vero che grazie anche a questa nuova era spuntata in città,  le donne professioniste sansebastianesi hanno avuto il coraggio di esporsi, e di vincere un’impirtante battaglia di legalità-

il direttore Gaetano Busiello

 

 

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