La storia che leggerete è una storia vera e a raccontarla a “Il Secolo Nuovo” è una ragazza di 35 anni che chiameremo Laura.
Laura ha 18 anni quando incontra quello che le sembrò subito il suo vero amore.
“La mia storia sembrava una favola. I suoi occhi mi parlavano di tranquillità e di amore. Ogni volta che li guardavo mi sentivo al sicuro. Mai avrei pensato che proprio al sicuro non lo ero. A mia mamma non piacque mai. Una sera… ricordo ogni particolare di quella sera. Quella sera eravamo per strada al centro storico e io camminavo di poco avanti a lui. Un ragazzo mi lanciò un complimento. Lui corse quei 4 o 5 passi che ci dividevano mi prese per il braccio e mi tirò uno schiaffo. Fu così forte che non sentivo più nulla. Io volevo andare a casa. Non volevo vederlo mai più. Ma poi lui mi promise che non sarebbe mai più capitato. Passò un anno e finii la scuola. Mi diplomai. Come non lo so, perché spesso lui non voleva che andassi a scuola, voleva che restavo a casa senza uscire. Dovevo scegliere la facoltà per l’università. Anche quel sogno me lo ha strozzato in gola. Non dovevo andare all’università. Lui avrebbe provveduto per me. Non avevo bisogno di un lavoro. Ma io volevo a tutti i costi andarci all’università. Volevo diventare insegnante. Io sono cresciuta tra tanti sacrifici e volevo regalarmi il mio sogno. Anche quella sera furono schiaffi e urla fino a quando stanca abbassai la testa e mi accompagnò a casa. Passarono 7 mesi e mi trovai incinta di quell’orco. Così ci sposammo. Avevo 20 anni , un bambino nella pancia e un uomo che se respiravo una volta in più mi picchiava. Io non potevo mai uscire di casa. Neanche fuori al balcone. Una volta mi venne a trovare una mia vecchia amica, l’unica che ancora sentivo. Quando tornò e la vide…io salutai in fretta la mia amica e appena si chiuse la porta…calci, pugni, anche sulla pancia. Mi alzai e non dissi nulla. Non piangevo nemmeno. Preparai la cena e mi misi a letto. Anche lì dovetti subire la sua prepotenza e la sua violenza. Il giorno dopo aspettai che andasse via e corsi dalla mia amica. Lì piansi. Lei mi diceva che dovevo denunciarlo, ma io non ce la facevo”.
Laura perchè non ce la facevi?
“Perché avevo paura e poi perché ogni volta lui mi diceva che non sarebbe mai più successo.”
E perché ogni volta ci credevi che non sarebbe mai più successo?
“Perché speravo che il mio dolore avesse fine. Ma capii che non sarebbe finito quando partorii. Qualche ora dopo il parto tenevo il mio piccolo in braccio e lo guardavo innamorata. Michele mi venne vicino e mi sussurrò che se avessi detto a qualcuno quello che mi faceva non mi avrebbe fatto mai più vedere il bambino. Io lì capii che dovevo fare qualcosa. Ma avevo paura. Quando tornai a casa la prima cosa che feci uscii di nascosto di mattina e andai dalla mia amica. Lei mi diede alcuni numeri da chiamare. Ritornai di fretta a casa. Lui ritornò qualche ora più tardi del solito. Puzzava di alcool e anche quella sera per me fu una notte nera. Mi picchiò più forte del solito ma quando vidi che prese il piccolo lo supplicai di lasciarlo stare gli dissi che avrei fatto tutto. E così fu. Il giorno dopo mi feci coraggio. Corsi dalla mia amica. Insieme facemmo quei numeri. Lì mi accorsi di non essere sola. Che ci sono tante persone che vivono quello che ho vissuto io. A casa non ci sono più tornata. E da quel momento ho iniziato a vivere anche se a volte ancora sembra che ho tutte quelle paure. Ma so che con l’aiuto degli specialisti che seguono me e mio figlio ne usciremo presto”.
Il Secolo Nuovo è vicino a Laura e ad ogni donna che soffre violenze sollecita di avere coraggio. Di denunciare e di uscire dalla paura.
Verrete aiutate. La giornata mondiale contro la violenza sulle donne, celebrata domenica scorsa, ha visto attivarsi numerose iniziative. Tra cui ricordiamo quella della Presidente della Commissione Giustizia alla Camera di presentare una proposta di legge per inserire l’aggravante di femminocidio nel reato di omicidio e prevedere la pena dell’ergastolo per questo reato.
a cura di Miriam De Vita