Roma. - “Willem sente”. E parla. Parla di una vita consumata. Vissuta. Parla della sua vita come mai forse ha fatto prima d’ora. Vincent dice di più delle parole. E’ il suo inconscio a vomitare le emozioni, le paure, le mani sporche di colore. Sporche di quell’ “insinuazione” cucitagli addosso fin dalla nascita. Il suo inconscio esplode e lotta contro l’uomo, il pittore, il folle. Contro Vincent.
La scena scarna di fronzoli porta lì, nell’essenza di Van Gogh. Nelle cornici della sua vita appese al genio e alla follia. Le luci ricordano i suoi autoritratti, quell’ ombra che domina lo sguardo, il suo amato cappello di paglia e quel meraviglioso cielo stellato, il buio della ragione illuminato dal genio della follia.
Una chiacchierata, un racconto. Una storia che si lascia immaginare e penetrare. Dietro l’innocua volontà di raccontarsi si cela non ancora il pittore, ma il bambino, l’uomo, la carne, il sangue, la solitudine che, miscelati insieme, danno tutti i colori della sua tavolozza. E’ un racconto che dà il massimo quando il respiro è incatenato in quella stanza ad espiare la colpa della pazzia. Da sottofondo una rabbia intiepidita che diventa autoironia. Vincent sorride di sé, ma sa bene che basta un colore più forte affinchè quella rabbia tiepida diventi incandescente follia. E allora il giallo domina. La pazzia della reclusione dell’ insensatezza vince. La voglia di uscire da quella stanza lo esaspera. Chiede la libertà. La sua tela.Di questo e di tutto Vincent, dà prova Leonardo Losavio. Nei gesti e negli sguardi, in ogni movimento Losavio fa “sentire” i colori di una vita passata sulla scia di intime e sofferte pennellate. Il corpo dell’attore sembra dare forma a figure plastiche di contorsioni perfettamente in linea con la contorsione delle parole. Il suo corpo si fa onda che travolge il pubblico. E in quella stanza ci entri davvero e addosso senti la disperazione e sotto le unghie, la lotta per uscirne. Senti ciò che forse realmente ha gridato e graffiato Vincent.
Poi il ritmo riprende fiato e ritorna l’ironica tiepida rabbia. Ma inevitabilmente riappare il senso di quella vita. Ed ecco Losavio nuovamente contorcere ogni piccola espressione del corpo e dello sguardo, delle mani della testa. Vincent qui abbonda, ma Losavio sovrabbonda e fa uscire fuori, come da una coppa che trabocca di assenzio e colori, il Willem Vincent Van Gogh che nessuno ha mai osato vedere né pensare.
a cura di Miriam De Vita