Politicamente corretto: Dittatura del pensiero perbene oppure tendenza dei social network?

censura

Nel mirino delle discussioni dilaga l’espressione del “politicamente corretto”; il web pullula di polemiche di questo tipo e basta guardare un qualsiasi programma di dibattito politico che spunta fuori questa espressione. Parole da evitare e da preferire, in altri casi da sostituire completamente, con lo scopo di adattare un linguaggio più inclusivo. Ma il rischio di essere additati per dire qualcosa di non allineato è diventato troppo alto, al punto da tradire l’espressione nel suo significato più intrinseco perché pur avendo radici liberali, limita la libertà di espressione e di pensiero sotto qualsiasi profilo, si parla addirittura di dittatura del “politicamente corretto”. È innegabile la spaccatura e la bufera emersa soprattutto nel mondo dei social network, con scontri in atto sia culturali che generazionali e che coinvolge in maniera attiva, indubbiamente i più giovani e gli anti-razzisti.

Si parla di una nuova sensibilità collettiva che porta alla censura di determinate parole usate nel “vecchio modo di dire” per evitare riferimenti razzisti, sessisti e discriminatori nei confronti delle classi sociali più deboli. Ad essere coinvolto è indubbiamente chi fa parte del mondo dello spettacolo e chi con la parola ci lavora per evitare di ferire o intimidire. Il paradosso del politicamente corretto è che ha fomentato ancora più odio e disprezzo, soprattutto sul web, portando gli utenti a scontrarsi sulle diverse correnti di pensiero, emarginando vecchie forme di linguaggio utilizzate soprattutto dagli anziani, dimenticandosi completamente del rispetto e della tolleranza tra le persone che dovrebbero essere alla base di questa nuova ideologia.

Di Claudia Esposito

 

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