Sono tanti i simboli che appartengono a Napoli: il Vesuvio, Pulcinella, la pizza, il mare e il mandolino. Ma tanti e tanti altri che sono radicati ormai nella nostra cultura e che vivono in mezzo a noi come miti contemporanei, pur venendo da un passato lontano.
Li raccontiamo ai più piccoli perché sono la nostra storia, ci identifichiamo con loro e in loro. Ecco perché una comunicazione sbagliata di simboli può risultare pericolosa per il futuro e le generazioni che verranno. La cultura tende a riprodursi storicamente nel tempo e questo accade in tutti i tipi di società e gli unici veri responsabili siamo noi, con le nostre azioni e con ciò che tolleriamo oggi.
Stare dalla parte della cultura di Napoli, significa anche non voltarci dall’atro lato, quando un “martire” della criminalità viene disegnato sulle mura della città e identificato come “simbolo” della compassione umana. Riflettiamo bene su che tipo di messaggio arrivi.
La storia viene cambiata nel tempo da chi la racconta, alla fine succede sempre che i cattivi diventano buoni e i buoni diventano cattivi.
Certe immagini e certi messaggi, lanciati da simboli disonesti, possono essere fraintesi nel tempo se oggi li tolleriamo e li lasciamo vivere nel presente, perché questi vivranno anche nel futuro e poi ancora nella nostra storia.
È importante quindi prendere coscienza della potenza delle immagini e del gioco narrativo che si nasconde dietro, per il bene della nostra cultura partenopea.
Di Claudia Esposito