“Qui rido io” e il grande trionfo al cinema debuttato nelle sale il 9 settembre; un film che unisce Napoli e la cultura italiana, attraverso l’arte e il teatro.
Un film pensato come una biografia sulla vita del grande autore e commediografo, Eduardo Scarpetta, colui che soppiantò la maschera di Pulcinella con il suo personaggio Felice Sciosciammocca; l’autore di grandi commedie che nel tempo sono state reinterpretate come “Miseria e Nobiltà”, il suo successo più grande, che in seguito ebbe tre trasposizioni cinematografiche, la più memorabile fu quella del 1954 con Totò.
“Qui rido io” ci restituisce anche un periodo cruciale della storia italiana, quello della “bella époque” gli anni del trionfo della canzone dialettale, di Ernesto Murolo e Salvatore Di Giacomo, del giornalista Libero Bovio e del grande filosofo Benedetto Croce. Un mondo che sta preparando la storia del nostro paese, al centro però c’è il teatro e dietro le quinte i figli legittimi e illegittimi del commediografo e tra loro i fratelli De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino che rivoluzioneranno il teatro nel tempo diventando i più importanti attori napoletani del XX secolo. Nel frattempo però sono tutti coinvolti nell’ascesa di Scarpetta, iniziata quando “osa” parodiare “La figlia di Iorio” di D’Annunzio, che lo trascinerà in tribunale per plagio e che anche in quel caso, grazie alla grande interpretazione di Toni Servillo, vediamo un personaggio che domina la scena e il tribunale si trasforma in un teatro, in cui vincerà la causa e la creazione di una legge a favore della parodia e del diritto di far ridere.
L’egregio lavoro di Mario Martone ci ha restituito una pellicola eccellete e l’ultimo re di Napoli, che non si chiamava Borbone ma Eduardo Scarpetta, ricordandoci anche il triste periodo che la comicità sta subendo nel XXI secolo con il politicamente corretto.
Di Claudia Esposito