Napoli. - La redazione riceve il contributo del vicepresidente naziona dell’UNCI Pesca. Di seguito l’intervento di Gennaro Scognamiglio.
“L’Unci Pesca – Unione Nazionale Cooperative Italiane Pesca e Acquacoltura – ha da sempre sostenuto che qualsivoglia regolamentazione del settore Pesca ed Acqacoltura non può eludere e disattendere le caratteristiche, le problematicità, le opportunità, le tipicità delle diverse realtà locali e, nella fattispecie, quelle del nostro Paese.
La penisola italiana, posta al centro del Mediterraneo e circondata dagli altri mari, presenta caratteristiche organizzative, socio-economiche e tipicità di cattura radicate nella “storia”di una “pesca artigianale”, volta a preservare l’ambiente e il territorio, intesi come bene comune, che in alcuni casi convergono e in altri si contrappongono alla attuale architettura della Politica comunitaria della Pesca.
Le normative europee regolano dettagliatamente lo svolgimento dell’attività e del mercato ittico ad esempio tramite la definizione delle modalità di fissazione dei prezzi di alcuni prodotti ittici o con la fissazione di quantità contingentate di cattura e modalità di gestione degli stock.
L’Europa è poi intervenuta nel settore anche con numerose fonti di finanziamento, ad esempio sotto forma di fondi strutturali, tra i quali lo “Strumento finanziario di orientamento della pesca” – SFOP ed il “Nuovo Fondo europeo per la pesca” – FEP. La dotazione finanziaria comunitaria, per l’intero periodo 2007/2013, ammonta a 4.339 milioni di euro. Di questi la quota comunitaria destinata all’Italia è pari a 424.342.854 euro, così suddivisi:
- 318.281.864 euro alle Regioni in Obiettivo Convergenza: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia;
- 106.060.990 euro alle Regioni fuori Obiettivo Convergenza (tutte le altre)
L’Assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive della Regione Campania, ha suddiviso ed opera con i seguenti Asse e Misure a favore della pesca e dei pescatori
Asse prioritario 1: Misure per l’adeguamento della flotta da pesca comunitaria;
Asse prioritario 2: Acquacoltura, pesca nelle acque interne, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura;
Asse prioritario 3: Misure di interesse comune;
Asse prioritario 4: Sviluppo sostenibile delle zone di pesca;
Una politica della pesca quindi supportabile con idonei strumenti finanziari per mettere gli operatori del settore nelle Regole di Contesto Europeo.
Ma fino ad oggi dobbiamo registrare che l’approccio legislativo di Bruxelles, dall’alto verso il basso, non ha offerto soluzioni attraenti e percorribili che favorissero una gestione responsabile del settore e l’uso sostenibile delle risorse. Ha creato solo disagio agli operatori che vedono come imposizioni le regole sulla diminuzione delle catture.
La globalizzazione dei mercati ed i processi marco economici mondiali hanno, peraltro, posto in crisi la tenuta delle nostre aziende di pesca, in gran parte a dimensione familiare, che non riescono a competere con le regole di un mercato globale, esercitare una pesca basata sulla stagionalità in un mercato interno invaso da produzioni ittiche provenienti dall’estero.
Per questo noi sosteniamo che l’ Obiettivo di una buona politica comune della pesca dovrebbe essere quello di valutare la sostenibilità delle risorse ittiche e la salvaguardia del “bene comune” costituito da tutti i territori e da tutte le popolazioni, senza privilegi né penalizzazioni per alcuno, attraverso misure coerenti con le caratteristiche, potenzialità e opportunità locali.
Seppure concordiamo con la Commissione Europea sulla necessità di agire immediatamente per riportare tutti i nostri stock a livelli di sicurezza e preservare un patrimonio – bene comune intergenerazionale – quale condizione imprescindibile per consentire ai pescatori di oggi e di domani di continuare a pescare e trarre un adeguato sostentamento dalle loro attività.
L’armonizzazione delle fasi della filiera dovrebbe infine consentire ai consumatori di poter contare su una adeguata varietà di pesce fresco, sia catturato in mare che di allevamento.
Condividiamo ogni misura che garantisca contestualmente la tutela sia degli stock ittici che dei mezzi di sussistenza dei pescatori, come pure ogni misura che incida sull’eccessivo sfruttamento e sul depauperamento degli stock, ma in una logica di sostenibilità sociale, economica e ambientale del settore.
Quanto sopra accennato, per sottolineare che una buona politica comune ispirata alla sola sostenibilità ambientale non può avere efficacia agendo sulla riduzione dello sforzo di pesca senza tenere conto degli altri fattori endogeni ed esogeni al sistema; come pure che in nome della sostenibilità ambientale non si può sacrificare la sostenibilità sociale e quella economica del settore e delle comunità locali interessate.
Ed a tal proposito riteniamo doveroso segnalare la necessità che venga data coerenza e armonizzazione all’insieme degli interventi comunitari a favore del settore, sia attraverso gli assi e misure FEP, stante che nelle previsioni del nuovo FEAMP, si implementano le misure volte alla promozione di attività alternative.
Anche nella nostra Regione Campania baciata dalla fortuna di una grossa dotazione FEP, cosa che non si ripeterà per la nuova programmazione, la sfida è quindi quella di riuscire a realizzare politiche integrate per lo sviluppo, che coniughino e soddisfino contestualmente, in una logica di sistema, le esigenze ambientali con quelle economiche e con quelle sociali
Ed è questa la partita da giocare con le misure dell’attuale asse 3.1 Fep con un programma d’investimento forte sulle infrastrutture a servizio della pesca.
Bisogna fare si che i porti individuati per lo sbarco del pescato siano realmente attrezzati per dare opportunità di sviluppo a tutte quelle politiche di valorizzazione del pescato locale e di tracciabilità e rintracciabilità e maggior trasparenza e legalità cosi come richiesto in forza del regolamento europeo ed evitare cosi che i nostri pescatori ed il nostro paese sia sanzionabile ai fini della pesca illegale.
I dati sono chiari: la recessione in questo comparto, che perde circa il 17% della forza lavoro, ed una flotta sempre più composta da piccole imbarcazioni che frammentano e polverizzano il reale reddito d’impresa.
Quindi Il calo degli addetti non è dovuto alla sola recessione che attraversa il settore , ma anche a quelle misure di riduzione dello sforzo di pesca messe in campo attraverso gli aiuti del FEP. Esse producono un impatto sociale forte, di riduzione degli addetti realizzando difatti la reale riduzione occupazionale per abbandono volontario attraverso misure incentivanti che indirizzano verso una diversificazione dell’attività, ma CHE QUASI RARAMENTE VIENE PRATICATA, ( vedi il fallimento del Piano Spadare che ancora oggi riverbera sanzioni dalla commissione europea).
L’altro accento lo poniamo sul reale calo di guadagno essendo il mercato sempre più calmierato da prodotti d’importazione a prezzi notevolmente più bassi. Prodotti di pescato anche vietato dalle norme europee ma consentito in altre realtà come gli oceani, in una legalità nella quale si consente una scorretta e forte concorrenza sleale.
In ultimo, per far si che questo comparto possa riprendersi il ruolo di primariato che gli spetta, perché parliamo di uomini che da una risorsa primaria creano ricchezza d’impresa , c’è bisogno che le misure d’aiuto strutturale siano e rimanghino tali e non succedanee di reddito. Ed ecco come noi della cooperazione immaginiamo uno sviluppo integrato fatto di una “doppia E”, ecologicamente ed economicamente sostenibile, mettendo in campo misure di valorizzazione del pescato tutto italiano, a miglio zero, che consenta agli operatori locali di collocare prima e meglio il pesce di stagione e fresco rispetto a quello d’importazione. In questo il regolamento sulla tracciabilità può essere la leva per una protezione del prodotto pescato locale e dare maggior slancio alle economie locali. Tra l’altro per questo bisogna ancora cercare di tenere in piedi misure come il fermo biologico e l’arresto definitivo che ancora restano opportunità di ripresa sebbene diano impressione di essere limitanti. L’opportunità per le marinerie Campane resta la risposta attesa per la proroga della normativa sulla distanza dalla costa per le imbarcazione a rete trainata e un piano di gestione integrato tra mestieri e sistemi di cattura che consentano un minor impatto sulla risorsa.
Redazione Cronaca