Roma. – In scena al teatro Lo Spazio di Roma, Teresa Del Vecchio presenta “Eder Speranza” con la regia di Giorgio Carosi e musiche di Piero Di Blasio. Stasera ultimo appuntamento.
“Eder. Non Edera”. Dell’edera ne ha sì il sapore, il coraggio, quello di arrampicarsi oltre ogni schema, la forza, quella di affrontare una vita intera restando sempre così, verde,( almeno apparentemente o fino ad un certo punto). Ma non è Edera. E’ Eder! Una vita. Una storia di racconti intrecciati a parole e fatti, infanzia e amore strappato. Strappato in ogni senso: dalle manine di una piccola bambina vissuta in un ambiente chiuso e dal cuore di una donna cresciuta nel sogno ovattato diventato poi incubo nelle braccia dell’uomo sbagliato.
Sfumature sottili di piccoli paesi spesso evocano una realtà ancora troppo vera . Certo! Perché se quel paese, Pollena Trocchia, lo conosci, non puoi fare altro che scapparne via, come fa lei, Eder. La speranza di ritrovare la propria vita. Di camminare una strada nuova con nuove scarpe magari e, certo, con nuovi pensieri. Di “cominciare il futuro” . Un futuro che si presenta pieno di vita e vite da conoscere e consumare fino all’ultimo pasto. Facce e figure a cui dare uno spesso nome. Uno stesso nome. Quello che non ha mai chiamato. Così mentre cammini, passeggi, corri su quella strada con Eder, vedi sfilare una carrellata di personaggi e volti. Ti ci affezioni. Li ami. Li odi. Non li vedi mai. Eppure i personaggi ci sono, sono lì e rispettano tutti ogni tempo di azione. Non li vedi mai eppure ne riesci a seguire il contorno del profilo con le dita. E con le orecchie. Li senti. Li ascolti.
Nel racconto della sua vita Eder mantiene il suo male di vivere in un fitto banco di nebbia e di ironia e spesso, molto spesso, lo vedi galleggiare sulle sue parole attraverso una voce mozzata dal ricordo o dal sogno. Conosci il suo mondo ridendo alle battute forti, alle espressioni simpatiche della dolce e amara Eder. Conosci il suo sogno sentendo il battito di quel cuore ferito. Vivi Eder come se fosse accanto a te da sempre. Stai lì per abbracciarla quando a un certo punto ti rendi conto che sta succedendo qualcosa. “oh no!” E’ successa. E tu? Ci sei dentro . Non puoi far altro che restare in silenzio e continuare ad amare la dolce e amara Eder.
Della bravura di Teresa Del Vecchio ne eravamo certi e ben consapevoli. Del suo rapporto con le azioni teatrali anche. Della capacità di far ridere e sorridere pure. Ma c’è una cosa che colpisce puntuale nella sua bravura. La naturalezza nell’espressività, nel racconto e nelle azioni, persino nei passi. In ogni momento è naturale, spontanea senza artificio. Quando Eder parla ad esempio, lo fa anche in dialetto napoletano cercando quei termini che naturalmente un napoletano direbbe in quella data circostanza. La naturalezza della sua bravura fa di Eder Speranza un successo di armonie dissonanti, personaggi da amare, applausi di mani e di cuori.
Applausi che abbracciano anche il regista Giorgio Carosi e Piero Blasio che ne ha curato le musiche.
a cura di Miriam De Vita