Napoli. – Il 15 e 16 gennaio, mercoledì e giovedì prossimi, ore 21, Nuovo Teatro Sanità arriva “Il Re ride”. Una favola dark, spunto per una riflessione sul potere, in forma di clownerie, con musiche di Tom Waits e Nick Cave.
“IL RE RIDE” è scritto e diretto da Luisa Garro, al suo ottavo spettacolo. I suoi primi spettacoli sono stati una trilogia sull’identità, L’INVIDIA DI SONECKA; JAREN e LA PRIGIONIA DI ISABEL. Poi, la Garro mise in scena tre spettacoli presentati dall’Osservatorio della Palestina: MI CHIAMO OMAR (La storia di un esule palestinese), KAN YA MA KAN ( Approfondimento sulle fiabe beduine) e SETTE MINUTI (tratto da un romanzo di Gassan Kanafani, il viaggio nel deserto di tre clandestini).
Gli attori sono : Luca Gallone, ha lavorato con Luigi de Filippo e Michele Monetta; Luca di Tommaso e Francesco Campanile hannofrequentato la scuola di mimo con Monetta
LA TRAMA. Secondo un’antica leggenda vive nei boschi delle terre del nord l’Uccello Grifone, un essere prodigioso capace di scivolare nell’uomo attraverso i suoi occhi e di leggerne l’anima. L’uccello si lascia avvicinare solo dagli uomini giusti, così i prìncipi eredi, per volere del padre, partiranno alla ricerca del misterioso animale e chi di essi tornerà con una sua penna, dimostrerà di averlo potuto avvicinare, di essere giusto e pertanto diventerà re. I fratelli partono da tali e si ritrovano rivali. Il loro viaggio, l’incontro con l’uccello e la storia di un terribile fratricidio sono lo spunto per una riflessione sull’uomo, sul potere e sulla natura tautologica dei sistemi su cui regge. La nostra lettura della leggenda dell’Uccello Grifone parte dall’assunto che il potere si giustifica solo se si considera l’uomo come essere incapace di fratellanza e che questa scelta ontologica originaria, irresponsabile e violenta, determina l’esito funesto della storia narrata, per cui il fratricidio solo illusoriamente conferma quanto presupposto. “Il re ride” è una favola dark. Accompagnata da sonorità che rimandano al genio di Tom Waits e Nick Cave, ha per protagonisti uomini senza luogo e senza tempo, nudi di una nudità profonda, che lascia trasparire, con segni evidenti sul viso, la passata infanzia e le emozioni più profonde, pallidi clowns, simboli dell’uomo in quanto tale, il cui paesaggio è un nero evocativo, interrotto da simboli del potere, quali una sedia invalidante e una casa che riduce le prospettive. Il principio di contemporaneità da cui si parte è l’assenza di verità assolute, per cui il potere non si giustifica, al massimo si autoleggittima, e il sistema su cui regge è destinato al collasso e alla follia. Ma il potere resiste! violento, come una febbre bassa e fastidiosa, che dall’interno lacera e corrompe l’umanità di chi lo esercita e lo subisce, resiste come un incantesimo, un maleficio, fino a quando l’uomo, magari un boscaiolo capace di suonare il flauto che canta, non deciderà di porsi a capo della propria storia, riconoscendo che nell’assenza della verità assoluta si apre lo spazio della libertà, che è libertà di fare una scelta ontologica nuova ad origine di una nuova storia dell’umanità.
Redazione Cultura