Bologna. Ecco l’intervento di Baldini alla conventio di Confabitare.
Borse deboli e previsioni economiche sempre meno serene, anche a seguito dell’attuale situazione di crisi della pace sociale egiziana, rafforzano il malessere della disoccupazione già in aumento confermano così una situazione di grande tensione ed incertezza. I dati statistici indicano che la disoccupazione nel nostro paese è in aumento e nel 2011 si è arrivati al più alto tasso degli ultimi anni, toccando la soglia del 9%. Uno scenario che, stando alle previsioni di alcuni economisti, potrebbe peggiorare nell’anno alle porte. La questione legata alla disoccupazione non si rileva solo per le statistiche internazionali che mostrano come il fenomeno sia persistente su scala globale, in tutte le sue forme. Oggi una rinnovata coscienza di massa porta a definire la disoccupazione come il prodotto di profonde ingiustizie sociali, come un fenomeno che conduce a effetti socialmente disastrosi, in quanto comporta esclusione sociale, frammenta il tessuto delle relazioni umane ed erode le basi della solidarietà sociale. Tutto questo già lo sapevamo, benché recenti ricerche abbiano apportato ulteriori evidenze che mettono in luce nuove manifestazioni di processi generali.
Ciò che rende radicalmente nuovo il problema della disoccupazione è il fatto che in essa si rivela un cambiamento storico epocale che sconvolge tutto il mondo del lavoro e con esso tutta la società. Le caratteristiche che la disoccupazione sta assumendo rivelano che i confini tradizionali fra lavoro e non lavoro si ripercuotono inevitabilmente sulle persone, rendendole prigioniere “psicologicamente” della nuova situazione sociale in cui si vengono a trovare e, in particolare, c’è una fascia di età in cui la disoccupazione si traduce in difficili prospettive di progetti di vita: infatti circa il 60% della sacca non lavorativa colpisce la fascia di popolazione tra i 25 e i 30 anni. Alla luce di questo scenario, la riflessione passa doverosamente dall’aspetto della capacità dell’industria di riassorbire le sacche di disoccupati, al disagio personale derivante dal protrarsi di una condizione di mancato impegno lavorativo che porta la persona ad una situazione di disagio sociale con ripercussioni non solo individuali, ma di massa, legate anche a condizioni familiari. Parlare di disagio sociale diventa un’impresa particolarmente delicata, che è percepita quasi superficialmente da chi non ne subisce le conseguenze. Oggi vi sono moltissimi soggetti che hanno definitivamente smesso di cercare un’occupazione, rivolgendosi ad enti di solidarietà ed a centri di distribuzione di beni di prima necessità, segnando una resa passiva alle dinamiche economiche. Si è venuto a creare un “mondo sottostante” della nuova povertà, che nelle città del nostro paese e dell’Europa si arricchisce ogni giorno di popolazione non censita e non percepita in modo tangibile dalle fasce sociali più abbienti. Se questo fenomeno continua a dilagare, con inevitabili ripercussioni sulle prospettive delle generazioni future che, anche per riflesso, ne subiscono le conseguenze, il problema del disagio sociale di massa può, inevitabilmente, trasformarsi in un problema di pace sociale e sicurezza pubblica. I confini sono estremamente sottili e già in qualche atto isolato si sono manifestati segnali preoccupanti. Cosa può fare il legislatore, inteso anche nei livelli di competenza amministrativa locale? Dare interventi a pioggia per il sostegno del reddito? Questi sono già stati promossi con gli ammortizzatori sociali in deroga (contratto Stato-Regioni). La considerazione è che gli interventi legati agli ammortizzatori sociali risolvono un’emergenza per un determinato periodo, ma non difendono i posti di lavoro ed i soggetti coinvolti dovrebbero, per un equilibrio socio-psicologico, continuare nell’impegno professionale e/o lavorativo. Oggi, più che mai, il posto di lavoro è complementare alle dalle dinamiche economiche e dalla solidità dell’impresa. Tenendo conto che il sistema economico Italia poggia le proprie principali basi sulla piccola media impresa sicuramente positivo sarebbe attivare politiche di sostegno economico mirato a quelle imprese che intendono percorrere la strada dell’innovazione tecnologica, per restare in competizione con un’economia che è divenuta sempre più globalizzata.
Daniel Baldini (FLI)