Escludendo il ricorso a oggetti decorati o tatuaggi (usati fin dall’alba dei tempi per determinate tribù o singoli individui) il primo esempio di carta d’identità risale all’incirca alla fine del II millennio prima di Cristo. Nello specifico, si trattava di tavolette realizzate in terracotta con incisi (in caratteri cuneiformi) il nome e altri dati anagrafici dell’interessato. A introdurne l’uso furono gli Assiri, il cui impero era abitato da molteplici etnie e popolazioni. Un’evoluzione di questa forma di documentazione apparve solo secoli dopo, nell’Impero romano.
Per dimostrare di essere cittadini romani c’erano due vie. La prima consisteva in un’autocertificazione orale, basata sulla dichiarazione civis Romanus sum (sono cittadino romano), anche se era preferibile che chi la pronunciasse (affinché fosse creduto e rispettato) parlasse un buon latino e vestisse secondo la moda romana. La seconda implicava invece l’uso di specifici documenti “ufficiali”. In particolare, ad anticipare la nascita delle carte d’identità furono i diplomi, ossia tessere bronzee utilizzate in ambito militare nelle quali si attestava la cittadinanza ottenuta da soldati stranieri integrati nell’esercito dell’Urbe. I nomi dei civili erano invece registrati in tavole più grandi (sia di bronzo sia di legno), conservate presso gli archivi statali.
Nel corso del Medioevo, le principali novità nell’ambito dei certificati d’identità riguardarono l’evoluzione di documenti simili ai nostri passaporti, il cui antenato principale fu il salvacondotto, o guidaticum. Si trattava di una sorta di patente di garanzia emessa dalle autorità a favore di coloro che volessero raggiungere determinate città e Paesi stranieri, in primis per motivi di natura commerciale. Questi documenti (diffusi soprattutto a partire dal XIII secolo) contenevano il nome del portatore e talvolta anche una sua descrizione fisica, ma a differenza degli odierni passaporti avevano una validità provvisoria, estremamente limitata nel tempo e nello spazio.
Superati i secoli medievali, per buona parte dell’età moderna varietà e diffusione dei documenti d’identità rimasero limitate: i cittadini di ogni Paese erano infatti sì chiamati a registrare il proprio nome presso appositi registri (elaborati nel corso dei censimenti), ma senza che venisse loro rilasciato un particolare foglio o documento. Le cose mutarono nel XIX secolo, durante il quale (a partire dalla Francia napoleonica) cominciarono a essere prodotti diversi tipi di documentazioni identificative.
Ma la prima grande formazione statale a introdurre una carta d’identità uguale per tutti i cittadini fu (nel 1844) l’Impero ottomano, per volere del sultano Mahmud II. Ci volle parecchio affinché l’esempio turco venisse seguito da altri Paesi, ma nell’attesa, a fare da apripista alla lunga storia di questi documenti perfezionati nel corso del Novecento, fu (nel 1876) il fotografo William Notman che (in occasione dell’Esposizione universale di Filadelfia) introdusse per la prima volta un sistema di identificazione destinato agli espositori e ai dipendenti che prevedeva (oltre hai dati anagrafici) anche una foto.
Con l’arrivo del XX secolo, questo modello con foto annessa sarà adottato dai governi nazionali di tutto il mondo per realizzare le varie tipologie di documenti che conosciamo oggi. Tra i primi a muoversi vi furono i britannici, che introdussero un passaporto con fotografia obbligatoria già nel 1915. Anche l’Italia fu piuttosto veloce, adottando appunto la carta d’identità nel 1931, per motivi di pubblica sicurezza. L’attuale passaporto risale invece al 1946, anno di nascita della Repubblica.
a cura di Luisa Ramaglia