Castellammare di Stabia (Na). - Ecco la dichiarazione rilasciata da Tonino Scala (SEL) sullo stato in cui versa l’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia:
“Sono mesi che Sel denuncia lo stato di abbandono del San Leonardo e della sanità del comprensorio. La chiusura per mancanza di medici e le aggressioni al pronto soccorso sono la conferma di quello che, in un silenzio assordante, stiamo denunciando da tempo. Era un anno che non vedevo da vicino il pronto soccorso del nosocomio della mia città. Nei giorni scorsi ho dovuto accompagnare per un incidente un mio familiare. “Lasciate ogni speranza o voi che entrate” è la prima cosa che mi è saltata in testa. Non per i lavoratori, anzi, pochi oberati di lavoro e di grande professionalità nonostante i pochi mezzi a disposizione, ma per il modo con il quale stanno affrontando e risolvendo la vicenda del deficit sanitario. Tagliare, tagliare, tagliare e tagliare ancora.
Qualche mese fa scrissi un comunicato e con Sel organizzammo un incontro sulla sanità pubblica nella mia città e oggi non posso che ribadire ciò che affermai allora: Hanno chiuso il San Leonardo e non ce ne siamo accorti. Sì perché quando si va in una struttura ospedaliera, in un pronto soccorso, con un codice verde e ci si accorge che infermieri, due e medici, uno, devono fare non i salti mortali ma le capriole per passare da un malato all’altro, lavorando in pessime condizioni senza strutture, senza barelle, con mancanza di sedie dove poter far sedere i pazienti, la struttura c’è ma è come se l’avessero chiusa!
Devo essere sincero la professionalità e le acrobazie del medico di turno che nonostante il disagio ha mostrato grandi professionalità sebbene l’habitat non fosse consono a quello di un pronto soccorso, se da un lato mi fanno mostrare ammirazione nei confronti di persone che mettono in pratica il giuramento di Ippocrate senza se e senza ma, dall’altro mi provoca irritazione. Un’irritazione causata dall’applicazione delle nuove misure della giunta regionale campana: tagli, tagli ed ancora tagli. Gli altri ospedali vedi Scafati, vedi Torre del Geco, sono stati chiusi. A Castellammare il nosocomio è aperto ma è come se lo avessero chiuso, e questo è ancora più grave. Una politica di sanità pubblica dovrebbe essere quella di promuovere il benessere sanitario individuale e collettivo, garantendo a tutta la popolazione un accesso equo alle informazioni, alle prestazioni e ai servizi (di prevenzione, di diagnosi, di cura e di riabilitazione) adeguati ai bisogni sanitari, il tutto a costi sopportabili per l’individuo e per la società, tenuto conto delle
risorse disponibili.
A Castellammare hanno di fatto cancellato tutto questo. Lo hanno fatto in silenzio, in sordina. Te ne rendi conto solo quando hai a che fare con la struttura. Assurdo. Comprendo il deficit anche se andrebbe realmente capito perché è accaduto questo. Ma possibile che la sanità debba essere considerata solo un costo? Dietro ogni taglio c’è un servizio in meno agli utenti che in sanità si
chiamano ammalati.
È arrivato il momento di dire basta alla sistematica smobilitazione di un presidio che per il passato era considerato l’ospedale pilota della regione Campania. Il “S. Leonardo” è ormai ridotto a macerie dal punto di vista della “diagnosi e cura”; delle camere operatorie ed “igienico-organizzativo”, tanto è vero che i direttori sanitari che vengono nominati, dopo essersi resi conto delle reali ed effettive condizioni, scappano, come sembra abbia fatto l’ultimo in ordine di tempo. Un lento declino iniziato col il trasferimento della struttura di endoscopia, nonostante le nostre rimostranze nessun intervento. Continuato con la mancata funzionalità di altre attività chirurgiche necessarie come quelle vascolari, oncologiche ed ambulatoriali, sempre in un silenzio assordante. A queste sono da aggiungere la mancata funzionalità dei reparti di ortopedia e di neurochirurgia. Per non parlare dell’oculistica. In parole povere, la dirigenza, o parte di essa (generale e non) sta, proditoriamente, “eviscerando” l’ospedale S. Leonardo riducendolo a mera “infermeria” di antica memoria, nonostante l’esistenza di ben due strutture di alto livello nosocomiale (cui prodest?”). Se a tutto questo aggiungiamo il clientelismo, la frittata è fatta. La nostra sanità è stata feudo di conquiste elettorali di questo o quel politico di turno.
A nulla sono servite le battaglie condotte, a nessuno interessava la questione morale posta da una forza politica: ecco i risultati. Si è pensato a tutelare e a premiare non il merito ma gli amici. Meglio l’amico che la professionalità. Questo è accaduto con la cancellazione della norma che vedeva anche la mia firma e quella di Angelo Giusto. Legge che introduceva criteri strettamente meritocratici per la nomina dei primari ospedalieri attraverso un concorso pubblico per titoli ed esami. Invece il consiglio su proposta di Caldoro è arrivato alla cancellazione tout court dell’art. 5 della legge regionale 3 del marzo 2006. In questo modo si trasmette un messaggio sbagliato. Prima di abrogare la riforma del 2006, sarebbe stato meglio sperimentarne l’attuazione.
E’ arrivato il momento di fare piazza pulita degli incapaci e premiare persone altamente qualificate e rispettose delle istituzioni nelle quali vengono chiamate ad operare e bisogna farlo subito perché è già molto tardi. Un ringraziamento al personale medico e paramedico per il grande lavoro: andrebbe dato a loro il nobel per la pazienza. Così non è possibile continuare, questo lo dicevo quando ero in consiglio regionale e continuo a dirlo oggi che sono
solo un utente!!!”
Comunicato Stampa – Sinistra Ecologia e Libertà Catsellammare di Stabia